Sant'Agata sui due Golfi



























Gara Sorrento - S.Agata

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Sant'Agatesi rapiti dai Turchi

Abitanti nel 1489

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La scoperta di tre necropoli intorno alla collina del Deserto di S. Agata, di cui una con prevalenti sepolture popolari e le altre due destinate a gente più agiata, più qualche resto archeologico greco sparso per il paese, lascerebbe supporre che la località fosse abitata fin dall'epoca greca. Il popolo che presumibilmente colonizzò questa terra fu quello dei Teleboi provenienti dall'Acarnania e dalle vicine isole prossime alle foci dell'Acheloo, il fiume più grande della Grecia e mitico padre delle Sirene. Essi, nel loro peregrinare, si portarono dietro anche il mito delle Sirene che finalmente identificarono nelle tre isolette de "Li Galli" poste di fronte alla costa tra Positano e Torca, ma anche visibili da S. Agata. Difatti quasi tutte le fonti confermano l'ipotesi che il mito avesse fatto del Promontorio dove sorge S.Agata la sede delle Sirene durante la loro vita. Plinio lo dice nella frase "Promontorio Minerve, Sirenum quondam sede". Secondo la leggenda le Sirene vedendo partire Ulisse si gettarono in mare annegando e trasformandosi in tre scogli, appunto "Li Galli", che in antichità venivano chiamate isole Sirenuse, mentre il Promontorio che le ospivata venne detto "Promontorio delle Sirene" perchè lì se ne custodiva il culto in un grande tempio individuato dal Galasso proprio sulla vetta della collina del Deserto di S. Agata. Un luogo tanto importante, meta di continui pellegrinaggi e ricco di doni votivi non poteva non essere abitato, e che vi fosse una comunità, anche se piccola, lo dimostrano le tre necropoli delle quali abbiamo parlato, inoltre le millenarie mura di cinta greche del XI a.C., che racchiudono la collina del Deserto più i ritrovamenti di vasi, monili di ferro, rame, bronzo e oro del X a.C., e la strada Augustea romana che da S.Agata portava a Sorrento, che si racconta passasse davanti al tempio delle Sirene, confermano l'esistenza sia del Tempio sia di una comunità custode dello stesso. Questa piccola comunità insieme a tante fattorie sparse per il territorio circostante furono l'embione di quelle che nel Medioevo divennero i casali delle colline Sireniane, e che oggi sono i paesi come S. Agata, Torca, Pastena, Acquara etc,. Come abbiamo detto, sotto alla collina del Deserto passava un'importane strada di comunicazione che oltre ad unire il Santuario alla città di Sorrento, svolgeva anche il compito di collegare le sponde dei due golfi di Salerno e Napoli da marina di Crapolla a Sorrento, cosa molta comoda in caso di mare agitato nelle bocche di Capri o nemici da evitare. In effetti essendo la marina di Crapolla un porto sicuro, i naviganti dopo esservi sbarcati solevano fare un saluto al Tempio di Apollo posto un po' più in alto della marina, a picco sul mare, e poi tramite la Theorica via prima e la via Lamia dopo si spostavano a Sorrento, o viceversa. (La via Lamia: le Lamie dell'antichità greca erano figure in parte umane e in parte animalesche, rapitrici di bambini; fantasmi seduttori che adescavano giovani uomini per poi nutrirsi del loro sangue e della loro carne. Venivano spesso chiamate anche empuse, sebbene il mito delle empuse, figlie o serve di Ecate, avesse origini differenti. Secondo il mito originale, Lamia era la bellissima regina della Libia, figlia di Belo: essa ebbe da Zeus il dono di levarsi gli occhi dalle orbite e rimetterli a proprio piacere. Presto Lamia catturò il cuore di Zeus provocando la rabbia di Era, che si vendicò uccidendo i figli che suo marito ebbe da Lamia. L'unica figlia ad essere risparmiata fu Scilla; probabilmente, anche Sibilla si salvò. Lamia, lacerata dal dolore, iniziò a sfogarsi divorando i bambini delle altre madri, dei quali succhiava il sangue. Il suo comportamento innaturale fece in modo che la sua bellezza originaria si corrompesse, trasformandola in un essere di orribile aspetto, capace di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di berne il sangue. Per questo motivo la lamia viene considerata una sorta di vampiro ante litteram. Il poeta Orazio nella sua Arte Poetica descrive le lamie come esseri mostruosi, capaci di ingoiare bambini e di restituirli ancora intatti se si squarcia loro il ventre.
Del resto, la letteratura latina abbonda d'esempi di donne "al di fuori degli schemi", dedite alla magia e al vampirismo. Tra l'altro, l'atteggiamento nei confronti di questi fenomeni (e della donna di potere, maga o strega) risulta essere ambivalente, di paura da una parte, di ammirazione dall'altra.) I Teleboi furono anche i fondatori di Sorrento che rimase per secoli l'unico centro urbano di un certo interesse intorno a cui girava la vita sociale ed economica di tutta la Penisola Sorrentina, e questo almeno fino al distacco del Promontorio dalla sua influenza avvenuta definitivamente con la creazione della prima città di Massa Lubrense tra il 1150 e il 1200. Ma anche dopo tale data e fino ai nostri giorni, Sorrento rimase e rimane il capoluogo di tutta la Penisola. Prima del 421 a.C. i greci mutarono il nome del Promontorio in "Ateneo" dal tempio di Athena localizzato a Punta Campanella, ma c'è anche chi sostiene che esso fosse sul Monte San Costanzo del paese di Termini. Che il cambio di culto, dalle Sirene ad Athena (la romana Minerva) sia avvenuto prima del 421 a. C. lo attesta un' iscrizione in lingua Osca-Sannita trovata a Punta Campanella nella quale si legge che il Promontorio fosse sotto il controllo dei Nocerini e il nome della divinità era l'Italica Minerva. A partire dal 474 a.C. con la vittoria dei greci siracusani sugli Etruschi nella battaglia di Cuma finì l'influenza, la penetrazione e le incursioni che questi ultimi perpetravano sulle nostre coste e che avevano costretto i coloni greci ad edificare i loro templi e le loro dimore in collina, lontano dal mare. In seguito alla citata vittoria essi poterono spostarsi verso le coste da dove era possibile commerciare in modo più fruttuoso e semplice. Crebbe allora la città di Sorrento concentrando entro le sua mura gran parte della popolazione del Promontorio. Fu proprio da quel momento che probabilmente il tempio delle Sirene del Deserto andò lentamente in decadenza fino a scomparire del tutto. La vittoria di Cuma non impedì, tuttavia, che altri popoli avversi potessero scendere in Costiera Sorrentina, e difatti accadde che l'elemento dominante greco fu sottoposto al controllo degli Osci Sanniti (Nocerini) già prima del 421 a.C. Più di un secolo rimase S. Agata soggetta ai Sanniti, i quali ne rispettarono il suo popolo lasciandolo amministrare il territorio e mantenendone la grecità. Sopraggiunta la conquista romana dopo la vittoria sui sanniti nel 289 a.C. anche i nuovi vincitori lasciarono la terra delle Sirene ai suoi antichi custodi rispettandone culto e grecità, anzi i romani furono molto devoti del tempio di Minerva perchè proteggeva le loro navi. Nel liber coloniarum le colline di Sant'Agata erano dette "montes sireniani" e facevano parte del "promontorium minervae" o "promontorium surrentinum". Dal III al I sec a.C. furono gli anni più floridi della terra delle Sirene greca poichè dopo la guerra sociale (90 a.C.) si ebbe il declino della grecità di Sorrento perchè fu costretta a ricevere una colonia di Silla, ma S.Agata e l'Ateneo rimasero greche fino al tempo di Augusto. Forse da qui inizia quel distinguo netto tra l'Ateneo e Sorrento che nel corso del Medioevo portò non pochi contrasi tra i due luoghi, fino alla separazione definitiva dell'Ateneo da Sorrento avvenuta in varie fasi come in seguito vedremo. Con l'assegnazione di buona parte del territorio della Penisola Sorrentina ai veterani dell'imperatore Augusto, che a Sorrento aveva mandato una sua colonia militare, l'elemento latino ebbe un rapido insediamento a danno di quello greco. L'Ateneo, invece, restò in buona parte indiviso e pubblico tanto da essere indicato con il nome di "Massa Pubblica". La popolazione divenuta in pratica vassalla degli assegnatari dovette in qualche modo versare ai nuovi padroni una forma di tassa che poteva essere in denaro, in frutti o lavoro. Le coste del Promontorio iniziarono a pullulare di stupende ville fatte edificare da ricchi romani attratti dalle bellezze dei luoghi e dai frequenti soggiorni dell'Imperatore nella vicina isola di Capri. Il flusso di questi influenti uomini romani verso la Costiera continuò anche durante gli anni del domino di Tiberio, tanto che la Penisola Sorrentina divenne il luogo privilegiato della villaggiatura dei potenti dell'Impero.
Al Deserto di S. Agata non sappiamo se ci fu la conversione del tempio in Santuario romano dedicato a Minerva o in una villa, ma la secoda ipotesi pare poco probabile perchè i romani preferivano la zona marina per edificare le proprie dimore. Di certo una villa dovette essere costruita sulla marina di Crapolla poichè ancor oggi se ne possono vedere alcuni resti. Nella travagliata agonia dell'Impero romano, la Penisola Sorrentina fu esposta ai predoni del mare che ne saccheggiarono le meravigliose ville rimaste ormai abbandonate. C'è da rilevare che successivamente al disfacimento dell'Impero, l'elemento greco-romano restò ancora preponderante nel territorio della Penisola Sorrentina, tutelato dall'Impero di Bisanzio. Come abbiamo detto Sorrento era l'unico centro di una certa consistenza tanto che bisogna credere che tutto il contado fosse abitato da famiglie sparse, residuo di quel primo embrione di comunità urbane nate dalla commistione dell'elemento greco con quello romano, prive di protezione e facilmente aggredibili dalle incursioni dei Saraceni. Fu solo tra il IX e il X secolo che iniziarono a formarsi centri urbani più consistenti anche sul Promontorio con l'aggregazione intorno ad una famiglia iniziale di tutti i propri discendenti dando origine finalmente agli attuali paesi. Questa dovette essere anche l'origine dell'odierna S. Agata nata a valle del vecchio insediamento greco. Non sappiamo quando il paese abbia adottato l'attuale nome. Esso lo troviamo per la prima volta nel 1347 e deriva dal nome di una cappellina dedicata alla santa catanese, fino a pochi decenni ancora attiva, che era nei pressi di un incrocio viario molto importante nei tempi passati perchè di là bisognava passare per andare a Sorrento, e siccome i viandanti usavano dire: "vado per S.Agata" (vado a Sorrento passando per la cappellina di S.Agata), il nome è rimasto ad indicare l'intero paese, mentre la più recente aggiunta di "sui due Golfi" ne indica la sua bella posizione e la distingue da tanti altri luoghi che hanno il medesimo nome. Fino al 1135, anno della conquista dei territori del sud Italia da parte di Ruggiero il normanno, S. Agata seguì le vicende del ducato Sorrentino, ma anche dopo la fine del ducato essa ne restò ancora per molto tempo una pertinenza come si deduce da un documento del 1153. C'è da evidenziare che la conquistta dei ducati greci non comportò in Penisola Sorrentina l'instaurazione della feudalità normanna. C'è da aggiungere, anzi, che il territorio Lubrense (S. Agata inclusa) nemmeno in seguito fu mai infeudato, e ciò per la caparbia volontà dei sui cittadini di preservarne l'autonomia, fatto dimostrabile anche con i vari riscatti che essi dovettero pagare contro i tentativi degli insaziabili sovrani di venderlo a Principi o Duchi. Esso fece quasi sempre parte del Regio Demanio ed ebbe un forte legame con la capitale Napoli. Il territorio dell'Ateneo seguì le vicende storiche di Sorrento fino alla creazione della nuova città di Massa Lubrense nata per distacco da Sorrento verso l'anno 1200. Ma nel 1273 essendo stata distrutta da parte di Carlo I D'Angiò, qualche famiglia riparò a S. Agata ingrandendone la popolazione, mentre il territorio tutto ripassò sotto la giurisdizione sorrentina. Alla fine del XIV secolo conquistato il potere sovrano da parte del Durazzesco Ladislao, Massa Lubrense riacquistò la sua autonomia e si ricostituì come città. Da quel momento S.Agata ne seguirà le vicende storiche fino ai nostri giorni. Ma le sventure di Massa Lubrense non erano ancora finite. Morto nel 1458 Re Alfonso d'Aragona gli successe al trono Ferrante I che nel 1465 fece di nuovo abbattere la Città per punirla del suo appoggio ai rivali Angioini. Come per la passata distruzione altre nuove famiglie ripararono a S. Agata portandone la popolazione a 180 anime nell'anno 1489.
E' di quegli anni la prima notizia della chiesa (1475), la quale fino a tutto il XVI secolo fu chiamata S. Maria di Casafestina, a ricordare il nome del suo fondatore. Fu eretta in parrocchia nel 1566 da Pio V, ed allora si pensò di rifarla più ampia e più bella. I lavori furono terminati sotto il vescovo mons. Centino, che consacrò la nuova chiesa il 21 dicembre 1625, e verso il 1629 ne concesse le cappelle alle famiglie artefici della rifazione. Intorno alla fondazione di questa chiesa vi è un'antica leggenda la quale narra che la figlioletta di un tal Marcantonio Festinese fosse rapita da un lupo, e che egli avesse fatto voto alla Vergine di innalzarle un tempio nel luogo ove la bestia avesse lasciata incolume la bambina. Avendo trovato la figliola sana e salva presso S. Agata vi avrebbe fatto edifiare il tempio promesso. Il secolo XVI fu anche segnato dalle scorrerire dei Turchi, che appoggiati da vari sovrani francesi, infestarono le coste del Regno. Già nel 1480 essi avevano distrutto Otranto ammazzando 800 cristiani deportandone donne e bambini. Purtroppo questa avvisaglia non produsse l'innalzamento delle necessarie torri di difesa in Penisola Sorrentina, nonostante D. Pedro del Toledo ne avesse ordinato la costruzione. Ciò fu la causa dei danni che la popolazione dovette patire negli anni successivi. La paura degli infedeli fece crescere il sentimento religioso dei Santagatesi, che unito all'aumento del numero degli abitanti, nell'anno 1566 ottenne, come detto, l'erezione in parrocchia della sua chiesa. Nei secoli antecedenti i pii Santagatesi avevano avuto il loro tempio Cristiano, insieme a Torca, giù alla marina di Crapolla nella splendida Abbazia di San Pietro. Ma la cospicua difficoltà nel raggiungerla, specialmente per gli anziani, unita alla pericolosità delle scorrerie dei pirati che spesso attaccavano il luogo sacro, convinse le due popolazioni ad edificarsi le proprie chiese più vicino ai villaggi e lontano dalla insicura spiaggia. Difatti, finita la disgrazia della peste scoppiata nel 1528, quache anno dopo ci fu la prima incursione del pirata Barbarossa. Egli ne fece poi un'altra nel 1541 che costituì il prologo ad una terza e più terribile visita fatta dal suo collega Pialì Pascià il 13 giugno del 1558. Sorrento e Massa Lubrense furono messe a sacco e fuoco. A S. Agata secondo il Filangieri vennero rapiti circa un'ottantina di persone, ma il sacerdote dell'epoca, Don Mattia Pisano, redasse una lista molto più numerosa. Tra di essi vi erano anche donne, vecchi e bambini. Alcuni di loro vennero in seguito riscattati, per gli altri la sorte fu sicuramente crudele. A causa di questo avvenimento finalmente si edificarono le torri per la difesa del territorio. Nel contempo anche i privati facero costruire nei loro possedimenti nuove torri, qualcuna delle quali ancora visibile come quella dei Maldacea sotto alla collina del Deserto, che oggi è in parte proprietà di Mario Mastellone, ed un'altra visibile fine a pochi decenni fa nella proprietà dei marchesi d'Andrea. Dopo questo tragico evento, tra tristezza e dolore, la vita pian piano riprese il suo corso. I Santagatesi si dedicarono come sempre con passione al lavoro e molti di essi si trasferirono ad operare a Napoli dove erano già presenti dei compaesani e dei Massesi che insieme vi avevano costituito il rione detto "Porta di Massa". In particolare questi emigranti andarono a svolgere l'attività propria del loro paese, che a S. Agata era quella dei coltellari, tanto che un rione di Napoli prendendo il nome dalla loro presenza, venne detto piazza e via "de Coltellari". Queste persone, molto legate alle loro origini, nel momento in cui la terra madre ebbe bisogno contribuirono in maniera efficace al suo sostegno e alla sua ripresa. Qualche anno prima del 1606 a S. Agata, in quel tempo chiamata anche Sant'Agatella, venne aperta un scuola elementare donata per testamento dal pio e devoto Salvatore de Pàstina, ancora esistente verso la fine del XVIII secolo.
Nel 1656 scoppiò una nuova andata di peste che fece molte vittime tra cui anche il parroco Giovanni Tommaso Pastena. I domestici per timore del contagio, bruciarono tutte le carte appartenenti alla parrocchia insieme ai libri parrocchiali causando un grande danno alle fonti storiche della chiesa S. Agatese. Nel 1673 dopo 44 anni dalla rifazione della chiesa parrocchiale venne edificato al suo lato del Vangelo, l'Oratorio di S. Maria del Rosario. Al Deserto, invece, nel 1679 i Padri Carmelitani Scalzi iniziarono le fabbriche del bel Monastero del Monte Calvario che portarono a compimento con i soldi mandati da alcuni di essi in missione nella Persia e nel Malabar. Esisteva ancora nel 1685 una cappellina dedicata a Santa Lucia alla Pedara all'incrocio con la strada che dalla Pedara porta a Santa Maria della Neve. La località Pedara, oggi inglobata in S.Agata, era un Casale a sè stante e se ne ha la prima menzione nel 1585. Eventi politici importanti coinvolsero i circa 1000 abitanti del paese con la ventata liberale del 1798 quando alcuni di essi alzarono l'albero della libertà in piazza S. Agata presso la casa dei Del Vecchio. A Vincenzo Casola ed altri, vennero affidate le cariche civiche. La successiva repressione Borbonica coinvolse il cospirante Giuseppe Cerulli, segretario di Luigi de Medici nella Cisalpina, che uscì comunque indenne dal processo contro di lui intentato. I Cerulli lasciarono per testamento molti beni alla comunità Sant'Agatese come quelle situate in via Reola. Nel 1806 i francesi conquistarono Napoli ed accuparono la Penisola Sorrentina insediando un presidio militare a S. Agata. Ritornati i Borbone nel 1815 molte famiglie di Massa Lubrense che avevano abbracciato la nuova idea liberale, frustrati dalla restaurazione Borbonica si unirono alla Carboneria preparando i moti del 1820. I principali liberali di quegli anni furono i fratelli Marino, Tommaso e Nicola Merolla, che abitavano vicino alla chiesa di Torca, ed i Casola ed i Gargiulo di S.Agata. Creata a Massa una Compagnia di Guardia Nazionale ne fu capitano proprio Marino Merolla. Col ritorno dei Borboni nel 1821 il tutto fu messo a tacere. Intanto la chiesa parrocchiale di regio patronato non versava in buone condizioni economiche, ciò rese necessario un intervento di sostegno da parte del Re che con un decreto del 29 maggio 1822 concedeva rendite varie per il sostentamento del parroco e per la celebrazione di una messa quotidiana. Concedeva inoltre in proprietà: la masseria con due bassi in Monticchio, il territorio e pascolo con piccolo giardino nel chiostro (Deserto), l'intera clausura del Deserto, e tutt'altro che trovavasi nell'affitto fatto a favore di Luigi Aprea, le selve della clausura affittate a Cataldo Gargiulo, la selva di Monticchio, e l'altra detta "Olivella" affittata a Luigi Aprea ed il locale del monastero de' Teresiani di Massa. Incredibile a vedersi, il decreto è controfirmato dal Direttore della Real Segreteria di Stato delle Finanze, Marchese d'Andrea, ovvero un quasi Santagatese con la sua bella villa sita al lato della chiesa. Nel 1837 si diffondeva il colera asiatico mietendo talmente tante vittime che si dovette seppellirli in appositi cimiteri tra cui uno alle falde della collina del Deserto. I liberali si rifecero vivi con i moti del 1848, questa volta il capo della sommossa Massese fu il torchese Giacomo Antonio Merolla, che come il padre Marino, divenne capitano della nuova Guardia Nazionale. Tenenti furono giuseppe Casola e Fabrizio Gargiulo e a questi si unirono il parroco don Giovan Battista Casola ed il fratello Giuseppe. I cospiranti promossero una dimostrazione al grido di Viva la Costituzione, e poi stabilirono di alzare l'albero della libertà il sabato Santo (22 aprile), presso la casa di D. Cherinto Del Vecchio, nel luogo dove fu alzato nel 1799. Ma ristabilito l'ordine da parte del vecchio regime, i capi cospiratori vennero arrestati e condannati, Gargiulo e Casola a 11 mesi ed il Merolla a quattro anni di galera che sembra non abbia mai scontato. Con l'unificazione dell'Italia egli divenne il primo Sindaco di Massa Lubrene italiana.
Con l'annessione del Glorioso Regno delle Due Sicilie all'Italia le condizioni economiche delle famiglie peggiorarono ulteriormente dalla già precaria situazione borbonica. Il benessere che c'era stato nel "700 era finito. Ebbe così iniziò l'emigrazione verso le Americhe ed il declino del borgo. Riprese anche vigore il desiderio di staccarsi dal comune di Massa Lubrense tanto che nel 1867, unitamente a Torca e con il beneplacido del comune di Sorrento, venne tentata l'aggregazione al territorio sorrentino. Il Municipio della città di Torquato Tasso nello stesso anno deliberò che si procedesse all'integrazione dei due paesi. Purtroppo anche questo volta l'iniziativa non andò a buon fine. Per fortuna l'economia ebbe un risveglio verso la fine del 1800 per l'inizò del fenomeno del turismo stanziale stagionale e degli escursionisti attirati dall'aria buona, dai monumenti religiosi e dai nomi di famosi nobili e ricchi napoletani come Salvatore di Giacomo, i marchesi d'Andrea, i principi Pignatelli, ect. che avevano già prescelto S. Agata come luogo privilegiato delle loro vacanze. Un ulteriore impulso al flusso turistico venne dato dall'apertura della strada Massa-S. Agata, consegnata il 12 ottobre 1881, che migliorò e accelerò le comunicazioni con le città di Sorrento e Napoli. Il livello d'istruzione di base della popolazione doveva essere discreto visto che nel 1892 il parroco Paolo Gargiulo racconta che c'erano due scuole pubbliche, una per i maschi ed il maestro era Giuseppe De Rogatis, e l'altra per le femmine avente per maestra una suora Bigia del Padre Ludovico da Casoria. Il parroco ci informa anche che i defunti poveri venivano seppelliti gratuitamente e i bambini senza battesimo si mettevano nei buchi esterni intorno ai muri della chiesa. La popolazione, che negli ultimi secoli era stata costantemente intorno alle mille unità , iniziò una lenta crescita a partire dalla seconda metà del XX secolo. L'incremento demografico, però, ha vissuto un'accelerazione in questi ultimi anni tanto che oggi gli abitanti superano le 3000 anime. Il turismo ebbe notevole incremento fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, si pensi che nel 1930 la chiesa parrocchiale da sola ebbe oltre 2000 visitatori. Il post guerra alimentò l'emigrazione. Chi restò in paese iniziò un graduale passaggio da una economia agricola verso altri tipi di lavori, specialmente nel campo edilizio e turistico. Oggi il paese sta vivendo un periodo di magico sviluppo in tutti i sensi: turismo, gastronomia, cultura, ambiente, agricoltura di nicchia, tanto da diventare il fulcro dell'intero comune di Massa Lubrense. Una volta erano famosi i coltellari, i falciari e i contadini di questo ameno paese, oggi lo sono i suoi imprenditori ed impiegati del settore alberghiero e della ristorazione. S.Agata sui due Golfi è nel cuore della Penisola Sorrentina a dominio del golfo di Napoli e di Salerno. Per la sua posizione, la sua aria, la sua tranquillità, la sua bellezza e la sua gente è oggi meta di numerosi visitatori che trovano in quest'angolo di paradiso la risposta alle loro esigenze e desideri.


Fonti: Storia di Massa Lubrense
di Riccardo Filangieri di Candida;
Cient'anne... che so'?" di Elisabetta Aversa;
"Il Deserto di S.Agata" di Luigi Poi;
Riminescenze di vecchie letture;
Archivo di stato di Napoli;
Archivio Notarile di Napoli.

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